La storia


Nel corso dei secoli lo zafferano ha avuto gli usi più disparati: per profumare, tingere tessuti, dipingere, curare alcune malattie, colorare alimenti e insaporire vivande. È originario dell’Asia minore e viene menzionata in un papiro egiziano del 1550 a.C. La mitologia greca ne attribuisce la nascita all’amore ricambiato di un bellissimo giovane di nome Crocus, che viveva al riparo degli Dei, per una ninfa di nome Smilace che però era la favorita del Dio Ermes. Il Nume, per vendicarsi di Crocus, trasformò il giovane in un bulbo.
Omero, Virgilio e Ovidio ne parlano spesso nelle loro opere. Ad esempio, nel IX e XII libro dell’Iliade si narra di come Isocrate facesse profumare i guanciali con zafferano prima di andare a dormire, e di come le donne troiane lo usassero per profumare i pavimenti dei templi. Lo zafferano si coltivava in Cilicia, Barbaria e Stiria. Scano scrive che i Sidoni e gli Stiri ci coloravano i veli delle loro spose ed i sacerdoti vi profumavano i templi per le grandi cerimonie religiose. Durante l’Impero Romano, aumentò la produzione di zafferano. Il lusso dell’epoca diede al croco una notevolissima importanza, e con esso erano profumate le abitazioni e i bagni imperiali.
Con la caduta dell’Impero Romano la popolarità dallo zafferano venne meno, e la sua coltura sopravvisse in Oriente, nell’impero di Bisanzio, e nei paesi arabi. Attorno all'anno mille furono gli Arabi che ne reintrodussero in Europa la coltivazione attraverso la Spagna.
Fino al Medioevo le pianta aveva il nome di croco, poi gli arabi lo cambiarono in za'faran (termine derivato dal persiano Sahafran) in riferimento al colore giallo assunto dagli stimmi dopo la cottura.
In Italia la coltivazione dello zafferano è documentata dal XIII sec nell’Italia centrale.
Allo zafferano venivano attribuite virtù afrodisiache già in epoca classica, come testimoniano sia Dioscoride che Plinio, perché capace d’incrementare l’attività sessuale dei maschi e accrescere la cupidigia delle femmine.
Il cardinale Richelieu usava come eccitante una confettura allo zafferano, e alla fine dello stesso secolo il chirurgo francese Ambrogio Parè consigliava agli impotenti il risotto condito con questa spezia. Durante l’800 il pensiero scientifico era diviso fra chi riteneva la spezia debilitante e chi invece ne constatava gli effetti eccitanti sulla libido. All’inizio del XX sec. lo zafferano veniva ancora consigliato contro la sterilità femminile.
Secondo la medicina naturale gli stimmi della pianta erano prescritti contro reumatismi, gotta, mal di denti e come abortivo, applicandolo sia direttamente sull’utero che assumendolo per via orale. Nella cucina medioevale e rinascimentale lo zafferano veniva impiegato oltre che per l’aroma anche per la colorazione simile all’oro, quale antidoto contro tutti i mali.
Un tempo possedere zafferano era una vera prova di ricchezza, per ottenere un chilo di stimmi necessitano duecentomila fiori, e le madri ne facevano la dote per le figlie. Ancora oggi in alcune aree del sud Italia c’è una tradizione secondo la quale per augurare felicità agli sposi viene cosparso il letto nuziale di fiori di croco.
In Calabria, pochi lo sanno, la produzione di zafferano ha origini antichissime. Numerose pubblicazioni storiche fanno risalire la coltivazione di questa preziosissima spezia già in età greco-romana. Una tradizione agricola radicata nel tempo, tanto che la produzione dello zafferano raggiunse importanti quantitativi nell’età del Regno delle due Sicilie, specie nel territorio della Provincia di Cosenza.
Il libro “Descrizione Storica e geografica del Regno delle Due Sicilie” risalente al 1789, recita “…la Calabria e più l’Abruzzo coltivavano un tempo molto zafferano. Oggi se ne coltiva pochissimo nel territorio di Cosenza e sembra essere ristretto al territorio Aquilano…”. Già, perché col tempo la coltivazione nel territorio cosentino venne via via interrotta, fino a sparire completamente.
Una conferma arriva poi da un testo successivo del 1844 di Luigi Zucoli “Nuovissima Guida dei viaggiatori in Italia e nelle principali parti d’Europa”, che cita tra le produzioni agricole di Cosenza quella dello zafferano.
Un’ulteriore testimonianza dell’importanza storica dello zafferano per la provincia di Cosenza la ritroviamo in un testo del 1862 "Italy under Victor Emmanuel. A personal narrative" di Carlo Arrivabene. L’autore in un paragrafo dedicato alle bellezze del sud Italia scrive testualmente “C'è un proverbio che mette in evidenza le tre rarità del sud Italia: i vini siciliani, lo zafferano di Cosenza, le donne di Bagnara...”

Lo zafferano calabrese è, a detta degli esperti, una spezia con ottime qualità organolettiche, paragonabile a quella prodotta nelle altre zone italiane. Molte zone della nostra regione possiedono infatti il clima e i terreni adatti alla coltivazione dell’oro rosso.

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